Vi presento alcune riflessioni personali e una breve documentazione sull’emendamento presentata dalla Lega al decreto sicurezza. Sono convinto che è bene farsi un’idea precisa di cosa sta accadendo e di come si cerca di erodere una serie di valori che sono propri della nostra cultura.
RIFLESSIONE PERSONALE
Sono convinto che giovedì 5 dicembre a Palazzo Madama si sia oltrepassata una soglia di civiltà, come del resto certificano le parole del leghista Federico Bricolo, primo firmatario del ddl: “Non siamo più disposti ad accogliere, soccorrere, aiutare e pagare per tutti”. Parole come accoglienza, soccorso, aiuto che nel nostro linguaggio cristiano e in quello civile moderno hanno senso profondo, sono ridotte, in modo compiaciuto, ad una poltiglia dispregiativa. Il “cattivismo” entra a far parte del nostro lessico politico.
Va in ogni caso rilevato che tutto questo è in contrasto con le tradizioni e le culture locali che la Lega afferma di voler difendere, mentre al contrario con queste proposizioni introduce una rottura dell’Ethos popolare che dello sguardo attento verso il prossimo, alimentato anche come deposito della presenza cristiana, ha sempre avuto cura.
Non è un caso che proprio in questi mesi si sia stato rilevato da diverse indagini, che nelle aree del Nord, dove questo deposito è più profondo, l’integrazione degli immigrati abbia più successo che altrove.
Ci sono a livello territoriale molte esperienze di volontariato, d’associazionismo cristiano, di parrocchie e di piccole imprese che hanno, senza clamore ma in concreto, messo in piedi una rete informale ma umanamente e civilmente feconda d’accoglienza, di cura e d’attenzione. Non si è ricorsi all’emergenza o allo stato d’eccezione per fare quello che il buon senso raccomanda e che il cristianesimo comanda. Molte esperienze positive di cui nessuno parla e che riguardano l’impegno quotidiano delle famiglie per mettere in regola, superando molte difficoltà burocratiche, le badanti. Artigiani e piccoli imprenditori che si sono impegnati a dare un’occupazione stabile, tante volte anche una casa, a lavoratrici e lavoratori disponibili a lavori di qualsiasi tipo che molte volte i locali non sono disponibili a svolgere. Volontari che si curano dei bambini degli immigrati senza creare classi parallele. Penso alle tante persone che operano nelle istituzioni e che sono pronte a fare qualche cosa in più – non sono fannulloni- per aiutare chi è in difficoltà, chi arriva a cercare un lavoro e si sente spaesato e sradicato e che applicano le norme tenendo conto più della necessità di agevolare che di respingere.
Questo non buonismo e buona politica, è un modo efficace per contrastare l’illegalità di qualsiasi tipo. Non possiamo pertanto dimenticare che permane in queste regioni del nord un ethos che crea solidarietà e che rappresenta anche una forza anche per affrontare la crisi economica. Sono convinto che le difficoltà che dovremo affrontare richiederanno una maggiore capacità di gesti umani.
Le leggi sono uno specchio della civiltà di un Paese, non credo che in quest’orizzonte di civiltà possano rientrare i provvedimenti assunti Venerdì 5 Febbraio al Senato. La possibilità per i medici di denunciare i clandestini ripugna alla coscienza umana e contraddice ogni deontologia professionale di chi è vincolato al giuramento d’Ippocrate. Sono convinto che abbiano fatto molto bene i medici cattolici a dichiarare che si asterranno da questa possibilità e credo andrebbero invitati tutti i medici italiani a seguire questa indicazione. Quattro anni di carcere a che si è sottratto all’espulsione finiranno per intasare gli uffici giudiziari, le carceri e i Cpt; la tassa sul permesso di soggiorno è un’imposta odiosa che una società ricca impone a chi cerca solo di sopravvivere con il suo lavoro. Quanto al registro dei senza tetto desta solo stupore e sembra si ritorni ai registri dei poveri di cui ci parlavano le cronache antiche. Non si tratta d’essere buonista, ma di non perdere il contatto con la dimensione della pietà e della solidarietà.
La norma approvata a Palazzo Madama dimostra tutta l’impreparazione del Governo in materia sanitaria e dimostra una forte superficialità da non prevedere le conseguenze che possono derivare alla salute pubblica. E’ chiaro che se i medici sono invitati alla delazione, i clandestini ammalati si sottrarranno a presentarsi ad un qualsiasi pronto soccorso.
Mi si potrà obiettare che avremo meno spese, ma cosa succederà a chi è ammalato di broncopolmonite, di donne in preda ad un’emorragia provocata dall’intervento abortivo di una “mammana”; oppure di chi è affetto da Aids, tubercolosi, scabbia o malaria, sifilide o tetano, difterite o morbillo e “orecchioni”. Nel momento in cui i clandestini non si avvicineranno più alle strutture pubbliche della sanità, si potrebbe creare un circuito sanitario parallelo e clandestino con conseguenze imprevedibile sotto il profilo della diffusione delle malattie già eliminate da noi che potrebbero diffondersi nel nostro Paese. Non sto parlando di cose astratte o di problemi presunti, ma di una realtà che purtroppo e già in atto. Per fare un esempio concreto mi riferisco alla realtà di Bergamo dove l’immigrazione conta numeri consistenti, i casi di tubercolosi, di scabbia e d’altre malattie che pensavano debellate stanno schizzando verso l’altro. Il rischio che si corre e che si possano creare un po’ di qui e un po’ di delle “bombe batteriologiche”.
Le nuove norme avranno un impatto negativo anche sulla tutela e la promozione dell’infanzia, peggiorando le condizioni di vita di tanti bambini stranieri.
Altro aspetto che desta le mie perplessità, riguarda la legittimazione delle “ronde”, che, pur non essendo armate, dovrebbero garantire il presidio del territorio. Questa norma mi sembra in contrasto con il dettato costituzionale che affida allo Stato il mantenimento e la tutela dell’ordine pubblico che lo deve affidare alle forze dell’ordine pubblico.
Questi provvedimenti mettono in luce quali sia l’impianto culturale che anima la Lega e con il quale non abbiamo nulla da condividere. Credo che abbia avuto ragione giorni fa l’ex Ministro dell’interno Giuseppe Pisanù quando rivolto al suo schieramento ha affermato: Guardiamo tutto nell’ottica della sicurezza e con gli occhi appannati dalla paura. Dalle elezioni politiche in poi è prevalso un approccio molto emotivo e poco razionale all’immigrazione. Il clima di questi giorni – la tentazione di farsi giustizia da sé , l’odio, il timore – è legato anche alla disinvoltura e alla strumentalità di cui si è dato prova. Il sonno della ragione genera mostri. Comportamenti aberranti da una parte, dall’altra misure rivolte a tranquillizzare l’opinione pubblica e a giustificare slogan elettorali” .
La dignità delle persone, per noi che ogni giorno difendiamo la vita dal concepimento alla sua fine, non può mai per nessun motivo passare in secondo ordine.
Il testo di legge e l’emendamento
L’emendamento
(Bricolo, Mauro, Bodega, Mazzatorta, Vallardi – Gruppo Lega Nord Padania)
1. Il comma 4 dell’articolo 35 del decreto legislativo 25 luglio 1998, n. 286 è sostituito dal seguente:
“Le prestazioni di cui al comma 3 sono erogate previo pagamento della relativa tariffa ovvero delle quote di compartecipazione alla spesa a parità con i cittadini italiani qualora i richiedenti risultino privi di risorse economiche. Nel caso in cui la prestazione da erogare sia classificata urgente e non differibile, il pagamento della tariffa o della quota di compartecipazione è posticipato. In caso di rifiuto del richiedente alla corresponsione di quanto dovuto ai sensi del presente comma, le strutture sanitarie ne trasmettono segnalazione all’autorità competente”.
1. Il comma 5 dell’articolo 35 del decreto legislativo 25 luglio 1998, n. 286 è soppresso.
2. Il comma 6 dell’articolo 35 del decreto legislativo 25 luglio 1998, n. 286 è sostituito dal seguente:
“Il costo delle prestazioni erogate agli stranieri privi di risorse economiche sufficienti è finanziato, quanto alle prestazioni ospedali ere urgenti o comunque essenziali, a valere sulle disponibilità del Ministero dell’interno e, quanto alle rimanenti prestazioni contemplate nel comma 3, con gli ordinari trasferimenti statali alle Regioni per il finanziamento del Servizio sanitario nazionale”.
Il testo di legge
Decreto legislativo 25 luglio 1998, n. 286
Art. 35 (attuale)
(Assistenza sanitaria per gli stranieri non iscritti al Servizio sanitario nazionale)
(Legge 6 marzo 1998, n. 40, art. 33)[…]
oAi cittadini stranieri presenti sul territorio nazionale, non in regola con le norme relative all’ingresso ed al soggiorno, sono assicurate, nei presidi pubblici ed accreditati, le cure ambulatoriali ed ospedaliere urgenti o comunque essenziali, ancorché continuative, per malattia ed infortunio e sono estesi i programmi di medicina preventiva a salvaguardia della salute individuale e collettiva. Sono, in particolare garantiti:
2. la tutela sociale della gravidanza e della maternità, a parità di trattamento con le cittadine italiane, ai sensi delle leggi 29 luglio 1975, n. 405, e 22 maggio 1978, n. 194, e del decreto del Ministro della sanità 6 marzo 1995, pubblicato nella Gazzetta Ufficiale n. 87 del 13 aprile 1995, a parità di trattamento con i cittadini italiani;
3. la tutela della salute del minore in esecuzione della Convenzione sui diritti del fanciullo del 20 novembre 1989, ratificata e resa esecutiva ai sensi della legge 27 maggio 1991, n. 176;
4. le vaccinazioni secondo la normativa e nell’ambito di interventi di campagne di prevenzione collettiva autorizzati dalle regioni;
5. gli interventi di profilassi internazionale;
6. la profilassi, la diagnosi e la cura delle malattie infettive ed eventuale bonifica dei relativi focolai.
7. Le prestazioni di cui al comma 3 sono erogate senza oneri a carico dei richiedenti qualora privi di risorse economiche sufficienti, fatte salve le quote di partecipazione alla spesa a parità con i cittadini italiani.
8. L’accesso alle strutture sanitarie da parte dello straniero non in regola con le norme sul soggiorno non può comportare alcun tipo di segnalazione all’autorità, salvo i casi in cui sia obbligatorio il referto, a parità di condizioni con il cittadino italiano.
9. Fermo restando il finanziamento delle prestazioni ospedaliere urgenti o comunque essenziali a carico del Ministero dell’interno, agli oneri recati dalle rimanenti prestazioni contemplate nel comma 3, nei confronti degli stranieri privi di risorse economiche sufficienti, si provvede nell’ambito delle disponibilità del Fondo sanitario nazionale, con corrispondente riduzione dei programmi riferiti agli interventi di emergenza.
La posizione della SIMM: Un atto inutile, dannoso e pericoloso
SIMM, Società Italiana di Medicina delle Migrazioni, ha lanciato un appello perché venga ritirato l’emendamento che modifica l’art. 35 del T. U. sulle cure ai cittadini stranieri irregolari Il Consiglio di Presidenza di SIMM
Nell’ambito della discussione in Senato del cosiddetto “Pacchetto Sicurezza” (atto 733), in commissione congiunta Giustizia ed Affari Costituzionali, è stato depositato da quattro senatori ed una senatrice della Lega Nord un emendamento che mina radicalmente uno dei principi base della politica sanitaria nei confronti dei cittadini stranieri nel nostro paese e cioè la garanzia di accessibilità ai servizi per la componente irregolare e clandestina. Sono previste due modifiche al comma 4 e comma 6, e l’abrogazione del comma 5 dell’articolo 35 del Decreto Legislativo 286 del 1998 (Testo Unico sull’immigrazione). Partiamo dal comma 5, la cui cancellazione è di estrema gravità: esso infatti attualmente prevede che “l’accesso alle strutture sanitarie (sia ospedaliere, sia territoriali) da parte dello straniero non in regola con le norme sul soggiorno non può comportare alcun tipo di segnalazione all’autorità, salvo i casi in cui sia obbligatorio il referto, a parità di condizioni con il cittadino italiano”.
Questa disposizione normativa è presente nell’ordinamento italiano già dal 1995, attraverso l’art. 13, proposto da una vasta area della società civile, del decreto legge n. 489/95, più volte reiterato, voluto ed approvato dal centro destra anche con i voti della Lega. La “logica” della norma non è solo quella di “aiutare/curare l’immigrato irregolare” (per altro deontologica mente assolutamente corretta!) ma in particolare di tutelare la collettività come prevede l’articolo 32 della Costituzione; il rischio di segnalazione e/o denuncia contestuale alla prestazione sanitaria, creerebbe una barriera insormontabile per l’accesso e spingerebbe ad una “clandestinità sanitaria” pericolosa per l’individuo ma anche per la popolazione laddove possano esserci malattie trasmissibili.
Ormai esiste una significativa documentazione sul tema, compresa la posizione della Federazione degli ordini dei medici italiani, di alcune Società scientifiche e dei Ministri della Sanità europei… che sottolineano l’indispensabilità di questa impostazione per garantire concretamente la salute per tutti (è assolutamente intuitivo come le malattie non facciano distinzione di etnia, status giuridico o colore della pelle). L’effetto della cancellazione di questo comma vanificherebbe il lavoro fatto negli ultimi 13 anni che ha prodotto importanti successi nell’ambito sanitario tra gli immigrati testimoniato ad esempio dalla riduzione dei tassi di Aids, dalla stabilizzazione di quelli relativi alla Tubercolosi, dalla riduzione degli esiti sfavorevoli negli indicatori materno infantili (basso peso alla nascita, mortalità perinatale e neonatale…). E tutto questo con evidente effetto sul contenimento dei costi in quanto l’utilizzo tempestivo e appropriato dei servizi (quando non sia impedito da problemi di accessibilità) si dimostra non solo più efficace, ma anche più “efficiente” in termini di economia sanitaria. La modifica al comma 4 introduce invece un rischio di discrezionalità che amplificherebbe la difficoltà di accesso facendo della “barriera economica” e dell’eventuale segnalazione (in netta contrapposizione al mandato costituzionale di “cure gratuite agli indigenti”), un possibile strumento di esclusione, forse compromettendo la stessa erogazione delle prestazioni.
Il comma 6 sembra invece soltanto un aggiustamento rispetto al mutato quadro delle competenze sanitarie a seguito del processo di devoluzione.
Riteniamo pertanto inutile e dannoso il provvedimento perché:
1. spingerà all’incistamento sociale, rendendo invisibile una popolazione che sfuggirà ad ogni forma di tutela sanitaria e di contatto sociale legittimo;
2. potrà produrre percorsi sanitari ed organizzazioni sanitarie parallele al di fuori dei sistemi di controllo e di verifica della sanità pubblica (rischio di aborti clandestini, gravidanze non tutelate, minori non assistiti, …);
3. creerà condizioni di salute particolarmente gravi poiché gli stranieri non accederanno ai servizi se non in situazioni di urgenza indifferibile;
4. avrà ripercussione sulla salute collettiva con il rischio di diffusione di eventuali focolai di malattie trasmissibili a causa dei ritardi negli interventi e la probabìle irreperibilità dei destinatarí di interventi di prevenzione;
5. produrrà un significativo aumento dei costi in quanto comunque le prestazioni di pronto soccorso dovranno essere garantite e le condizioni di arrivo saranno significativamente più gravi e necessiteranno di interventi più complessi e prolungati; 6. Spingerà molti operatori ad una “obiezione di coscienza” peri! primato di scelte etiche e deontologiche.
Riteniamo estremamente pericoloso il provvedimento poiché soprattutto in un momento di trasformazione sociale e di sofferenza economica, questo atto va ad intaccare il cosiddetto “capitale sociale” della società (contrasto tra italiani e stranieri, diritti negati e nascosti, radicale differenza nella vision dell’approccio professionale) che una significativa letteratura scientifica definisce condizione per una deriva nel conflitto sociale (le cui prime avvisaglie stiamo già vivendo negli ultimi tempi).
Come medici ed operatori sanitari ci appelliamo perché piuttosto che logiche di partito prevalga, alla luce delle evidenze tecnico scientifiche Er di consolidate politiche sanitarie, un approccio intelligente e concreto di sanità pubblica come è già avvenuto nel 1995.
IL PARERE DI FAMIGLIA CRISTIANA
Nel numero attualmente in Edicola il settimanale Famiglia Cristiana contiene un articolo sul tema che ha dato voce a numerose proteste i minacce di querela da parte di esponenti e ministri del centro-destro. A fronte di queste prese di posizioni ho ritenuto opportuno prendere posizione a difesa del diritto del settimanale ad esprimere le sue posizioni . Di seguito l’articolo.
LA TUTELA DELLA VITA VA ASSUNTA NELLA SUA INTEREZZA
Il soffio ringhioso di una politica miope e xenofoba, che spira nelle osterie padane, è stato sdoganato nell’aula del Senato della Repubblica. E dire che Beppe Pisanu, ex ministro dell’Interno con la schiena dritta, aveva messo in guardia circa quella brama di menare le mani, già colpevole attorno ai tavoli del bar.
Nessuno ha colto il suo grido d’allarme e l’Italia precipita, unico Paese occidentale, verso il baratro di leggi razziali, con medici invitati a fare la spia e denunciare i clandestini (col rischio che qualcuno muoia per strada o diffonda epidemie), cittadini che si organizzano in associazioni paramilitari, al pari dei “Bravi” di don Rodrigo, registri per i barboni, prigionieri virtuali solo perché poveri estremi, permesso di soggiorno a punti e costosissimo.
La “cattiveria”, invocata dal ministro Maroni, è diventata politica di Governo, trasformata in legge. Così, questo Paese, già abbastanza “cattivo” con i più deboli, lo diventerà ancora di più: si è varcato il limite che distingue il rigore della legge dall’accanimento persecutorio. Il ricatto della Lega, di cui sono succubi maggioranza e presidente del Consiglio, mette a rischio lo Stato di diritto. La fantasia del “cattivismo” padano fa strame dei diritti di uomini, donne e bambini venuti nel nostro Paese in fuga da fame, guerre, carestie, in attesa di un permesso di soggiorno (a margine: che credibilità ha il progetto di un’Italia federalista in mano alla Lega?).
Eppure, nessuna indignazione da parte dei cattolici della maggioranza, nessun sussulto di dignità in nome del Vangelo: peccano di omissione e continuano a ingoiare “rospi” padani senza battere ciglio, ignari della dottrina sociale della Chiesa. La sicurezza è solo un alibi per norme inutili e dannose, per scaricare il malessere del Paese sugli immigrati, capro espiatorio della crisi.
Il circo politico ha dato prova, nei giorni scorsi, di manifesta incoerenza morale. Una parte si batte, giustamente, per Eluana ma, al tempo stesso, approva agghiaccianti leggi discriminatorie. L’altra si batte per gli immigrati, ma promuove una cultura di morte. La tutela della vita e della dignità di ogni essere umano va assunta nella sua interezza, così come la dottrina sociale della Chiesa vale per la vita nascente, per quella che si spegne o si vuole spegnere, ma anche per gli immigrati, i barboni e tutti i poveracci ai margini della società.
L’ignobile “cattivismo” leghi-sta ha fatto scattare la maggioranza sull’attenti e oggi il Paese adotta un diritto speciale (indegno di una democrazia) che discrimina tra cittadini (gli italiani) e non-cittadini (gli extracomunitari). La Chiesa non ci sta; gli Ordini dei medici protestano e fanno sapere che non faranno i delatori; la Polizia, delegittimata, non accetta il Far west delle ronde e della giustizia “fai da te”: «Quel provvedimento», dicono, «rischia di legittimare azioni incontrollabili di squadracce di esaltati».
La Lega, invece, esulta. Finalmente, il “bastone padano”, evocato da Borghezio nel 1999, oggi è strumento d’ordine autorizzato dal Parlamento. Allora in molti sorridevano e liquidavano i desideri dei “volontari verdi” come chiacchiere. Appunto, da osteria. Le cose, purtroppo, sono andate diversamente.
L’Italia più che di cattiveria ha bisogno di serietà e leggi giuste per affrontare la grave crisi economica, che è il vero problema delle famiglie. Altro che implementare il “fondo rimpatri” per stranieri! Presentando il “Fondo famiglia lavoro”, il cardinale Tettamanzi ha detto: «La solidarietà si realizza attraverso il rifiuto di qualsiasi discriminazione».
PER CONCLUDERE LA DOCUMENTAZIONE
Dal settimanale “ Settimana” dell’otto febbraio traggo alcune notizie storiche a testimonianza dell’impegno dei cattolici sul terreno delle migrazioni.
Nel lontano 1888, Giovanni Scalabrini, Fondatore dei padri scalabriniani , introduce il dibattito sui problemi dell’emigrazione italiana un aspetto fino allora ignorato : il valore della persona umana , chiedendo una legge a favore degli emigrati e una istituzione in grado di provvedere “ ai loro interessi spirituali e materiali”.
«Le misure di polizia non arrestano, bensì deviano dai nostri ad altri porti le masse migratorie». Con queste parole Giovanni Scalabrini si rivolgeva allora Presidente del Consiglio Francesco Crispi che, il 5 dicembre 1887, aveva presentato uno speciale disegno di legge sull’emigrazione, ispirato a norme di polizia e con disposizioni che imponevano l’obbligo della licenza per gli agenti di emigrazione, punendo le operazioni clandestine e gli abusi.
Il 3 maggio 1888 la commissione parlamentare presieduta dall’on. De Zerbi presentava un controprogetto caratterizzato dal principio della libertà di emigrare e di far emigrare.
In quest’occasione Scalabrini indirizza una lettera aperta al sottosegretario alle Finanze, Paolo Carcano, intitolata Il disegno di legge sull’emigrazione italiana. Osservazioni e proposte di un vescovo, dove scrive: «Fra i due disegni di legge, il ministeriale e quello della Commissione parlamentare, il secondo mi pare di gran lunga migliore del primo. Il ministeriale è più propenso a considerare il grande fenomeno cosmico ed umano dell’emigrazione come un fatto anormale, piuttosto che un diritto naturale, e lo circonda di tante pastoie che quasi lo confisca.
Il disegno ministeriale non tenne conto di un’esperienza di non vecchia data, la quale dimostrò alla prova dei fatti che le misure di polizia non arrestano, bensì deviano dai nostri ad altri porti le masse migratorie, rendendo così più doloroso e più dispendioso l’esodo dei nostri connazionali. Gli ostacoli artificiali non trattengono le correnti, ma le fanno rigurgitare. aumentandone e rendendone più rovinoso l’impeto. Il disegno invece della Commissione parlamentare è, a mio giudizio, più pensato, più organico e più liberale, poiché fin dal primo articolo afferma la piena libertà di emigrare, salvo, naturalmente, gli obblighi imposti ai cittadini dalle leggi.
E’ un bel quadro che però ha una macchia nel mezzo: la facoltà che il disegno di legge accorda agli agenti di emigrazione di fare arruolamenti».
E aggiungeva: «L’on. De Zerbi si compiace della larghezza del disegno di legge e dice che, approvata, sarà una delle più liberali d’Europa. Ed io l’ammetto: ma l’importanza di una legge non è tanto di essere liberale, quanto di essere buona, e buona, per me, non è la legge più larga, bensì quella che, basata sulla giustizia, meglio provvede ai bisogni per cui è stata fatta. Ora la legge. accordando il diritto di arruolamento agli agenti, sarà liberale, ma improvvida. Ora, se è doveroso patrocinare la libertà di emigrare, è altrettanto doveroso opporsi alla libertà di far emigrare: è dovere delle classi dirigenti di procurare alle masse dei proletari un utile impiego delle loro forze, di aiutarli a cavarsi dalla miseria, di indirizzarli alla ricerca di un lavoro proficuo, ma è del pari un dovere l’impedire che venga sorpresa la loro buona fede da ingordi speculatori».
E probabile che queste considerazioni di un vescovo sull’emigrazione italiana di fine Ottocento facciano solo sorridere il ministro degli Interni, Maroni. che continuerà imperterrito nel suo cammino di guerra «ideologica».
Caro Savino, avendo letto queste tue riflessioni personali ho ritenuto opportuno riprendere e completare in mio commento sul tema della sicurezza in riferimento alle affermazioni di Famiglia Cristiana.
Secondo il Rapporto Eurispes 2009 l’Italia è il Paese europeo con il maggior numero di uomini impiegati nelle forze dell’ordine a diretto controllo governativo.
Nel 2005 il numero totale di forze di polizia attive in Italia era di 324.339 unità, mentre nel 2008 gli effettivi sono 328.368 così suddivisi:
– Arma dei Carabinieri, dipendente dal Ministero della Difesa;
– Polizia di Stato, dipendente dal Ministero dell’Interno;
– Guardia di Finanza, parte integrante delle Forze Armate ma dipendente dal ministero dell’Economia e delle Finanze;
– Corpo Forestale dello Stato, dipendente dal Ministero delle Politiche Agricole, Alimentari e Forestali;
– polizia Penitenziaria. dipendente dal Ministero della Giustizia.
Con 571 addetti all’ordine pubblico ogni 100.000 abitanti l’Italia supera di gran lunga la Germania (321), la Gran Bretagna (268) e la Francia (227).
Tutto ciò senza contare i 3.000 militari impiegati per la sicurezza nelle città dallo scorso mese di agosto e gli ulteriori 30.000 militari annunciati dal Governo, per lo stesso scopo, a fine gennaio 2009.
A livello nazionale altri corpi ed organizzazioni hanno funzioni di polizia settoriali e specifiche pur non rientrando fra le forze di polizia, quali l’ Agenzia delle Entrate, l’Agenzia delle Dogane, i Vigili del Fuoco o il Corpo delle Capitanerie di Porto, una branca della Marina Militare.
A queste si affiancano i Corpi o Servizi di Polizia Locale dipendenti dagli enti amministrativi locali, che sono tutte strutture civili:
• a Polizia Municipale, dipendente dai comuni e storicamente rappresentata dalla figura del vigile urbano
• a polizia provinciale o locale, dipendente dalle amministrazioni provinciali.
• ompagnie Barracellari tipico dei Comuni della Sardegna.
Esistono altri servizi di polizia che per esplicita previsione di legge di legge non fanno parte delle Forze di polizia o delle Forze dell’Ordine. Esse sono: la Polizia Consortile (dei consorzi tra più enti territoriali locali o di enti economici locali) e la polizia delle Comunità Montane.
Come se tutto questo non bastasse la Lega Nord ha presentato al Consiglio Regionale della Lombardia il Progetto di Legge n. 368 del 28 gennaio 2009: “Disciplina del servizio di Polizia Regionale e servizio regionale di sicurezza”, che prevede l’istituzione del Servizio di Polizia Regionale articolato in:
a) direzione centrale, presieduta dal Presidente della Giunta o da un Assessore designato,
b) dipartimenti di polizia regionale:
– dipartimento accademia,
– dipartimento flussi migratori,
– dipartimento urbanistico – ecologico,
– ipartimento scientifico,
– ipartimento anticrimine,
c) corpi e servizi di polizia provinciale;
d) corpi e servizi di polizia municipale.
Il Progetto di Legge prevede, per Comuni e Province, anche la possibilità di organizzare le cosiddette “ronde” per lo svolgimento di un servizio di mera vigilanza (Art. 22), sia da parte dei cittadini in possesso del certificato di idoneità rilasciato dal Dipartimento Accademia, sia con l’utilizzo di singole guardie giurate o istituti di vigilanza con i quali possono essere stipulate apposite convenzioni quinquennali, non rinnovabili.
I dati contenuti nel Rapporto Eurispes 2009, che evidenziano anche l’aumento, dal 2005 al 2008, degli addetti delle forze di polizia di 4.029 unità, considerati in rapporto alla diminuzione del numero degli atti di criminalità, alla percezione di una maggiore sicurezza da parte dei cittadini italiani, come conseguenza del fatto che i telegiornali nazionali hanno ridotto spazio ed enfasi sull’emergenza sicurezza (Rapporto Demos – novembre 2008), nonché al citato Progetto di Legge Regionale della Lega Nord, pongono alcune domande:
– siamo già, o ci stiamo avvicinando, ad uno Stato di polizia?,
– che cos’è che differenzia l’Italia dagli altri Paesi europei in materia di sicurezza?,
– quali sono le ragioni dei provvedimenti sulla sicurezza in discussione in Parlamento e in Regione Lombardia?,
– non ha forse ragione Famiglia Cristiana quando afferma che “la sicurezza è solo un alibi per norme inutili e dannose, per scaricare il malessere del Paese sugli immigrati, capro espiatorio della crisi?”.
Se i provvedimenti in discussione in Parlamento e in Regione Lombardia passano nella versione che conosciamo si potrebbe ritenere che la maggioranza della classe politica (non solo dunque i cattolici che comunque hanno qualche vincolo e obbligo in più rispetto ai non cattolici), avendo ingoiato l’ennesimo “rospo padano”, ha rinunciato all’uso della ragione, dell’intelligenza e della razionalità.