Una “recessione senza precedenti che potrebbe causare altri 6 milioni di disoccupati entro il 2010” . La crisi economica colpisce le famiglie e i lavoratori.
Nell ultime stime Ue si era parlato della perdita di 3,5 milioni di posti di lavoro solo per il 2009 e di un tasso di disoccupazione per la zona euro pari al 9,25%. Per il Consiglio Epsco (Consiglio per l’occupazione, la politica sociale, salute e consumatori) la crisi economica e finanziaria “sta arrecando grossi danni ed esige interventi urgenti” a partire da misure che evitino il ritiro prematuro dal lavoro e da sistemi pensionistici adeguati e sostenibili a lungo termine. “In molti Stati membri – si legge nel documento che sara’ approvato oggi dai ministri del Lavoro – la maggiore flessibilità consente ora alle imprese di adeguare rapidamente la propria capacità produttiva. Ma il rapido aumento della disoccupazione e’ al centro delle preoccupazioni dei cittadini dell’Ue: per incentivare l’occupazione, prevenire e limitare la perdita di posti di lavoro e le ripercussioni sociali sono necessarie misure tempestive, temporanee e mirate”. Si chiede in particolare di prestare attenzione alle categorie più vulnerabili e ai nuovi rischi di esclusione. Per prevenire e combattere la disoccupazione “senza intaccare le riforme del mercato del lavoro” il Consiglio Epsco esorta gli Stati membri a dare precedenza immediata ad alcune linee d’azione. Innanzi tutto “evitare le misure che favoriscono il ritiro prematuro dalla vita lavorativa, quali programmi di prepensionamento o limiti d’età per le opportunità di formazione, in modo tale da mantenere e aumentare la partecipazione al mercato del lavoro”. Non solo si ribadisce, come più volte sollecitato dall’Ue in particolare all’Italia, di “affrontare l’adeguatezza e la sostenibilità a lungo termine dei sistemi pensionistici con riforme adeguate”, incluso il raggiungimento dell’obiettivo di Lisbona di un tasso di occupazione dei lavoratori più anziani pari al 50% e il miglioramento della posizione dei percettori di salari bassi, anche in un periodo di recessione. Il Consiglio ancora indica come sia necessario “sostenere l’accesso all’occupazione e agevolare l’ingresso nel mercato del lavoro e la mobilità al suo interno per abbreviare i periodi di disoccupazione e aumentare la partecipazione sia delle donne che degli uomini”.
Ritengo che,come prima cosa,il problema dovrebbe essere esplicitato nelle reali dimensioni. I dati sono sicuramente noti ma, come spesso accade alle nostre latitudini, sono nascosti o manipolati a supporto di tesi precostituite.Pur non essendo un tecnico,una certa idea me la sono fatta. Cominciamo dalle Istituzioni. Che ruolo hanno, o hanno avuto, i Centri per l’impiego, negli ultimi venti anni? Qualcuno ha detto malignamente, ma non del tutto senza ragione, che se per miracolo ci fosse piena occupazione, di colpo si creerebbe un enorme problema, forse più grosso del precedente, con i dipendenti di questi Enti. Non lo dico per speculare o infierire,ma ritengo occorra avere un quadro di riferimento certo. Non serve mettere la testa sotto la sabbia ed è troppo ricorrente in Italia il paradosso del cane che si morde la coda. Negli ultimi anni sono arrivati alle Regioni, e quindi alle Provincie, i fondi europei per la formazione e la riqualificazione. Sono andati generosamente agli amici, e agli amici degli amici, ai destinatari sono arrivate le briciole. O meglio, un prodotto che sul mercato privato costa uno, è finito per costare dieci. Il risultato non cambia. Inoltre si sono creati degli organismi collaterali e paralleli ai Centri per l’Impiego, che dovrebbero fare la stessa identica cosa, cioè niente. Se manca la materia prima, non saranno diecimila persone in più a creare un solo posto di lavoro. Questi “formatori” assunti non è che abbiano sostenuto una vera selezione, per lo più si sono raccomandati a qualche santo.
I disoccupati in senso tecnico vanno secondo me classificati in almeno tre categorie.
1) I giovani neo-iscritti ai Centri per l’impiego
2) Le persone che hanno perso il lavoro,usufruendo della cassa integrazione o dell’indennità di disoccupazione (due cose ben diverse, la prima ha durata due-quattro anni, la seconda sette mesi) ma che hanno,per età e sufficiente profilo professionale, una ragionevo.le speranza di rioccupazione.
3) Le categorie svantaggiate, i disoccupati di lungo periodo, e gli ultra cinquantenni. Per tutti costoro le speranze sono percentualmente davvero poche, in particolare nel periodo di crisi.
E’ chiaro che a queste problematiche andrebbe data una risposta articolata e diversa, perché diverse sono le condizioni.
C’è poi la questione dei precari, che ha tutto un altro quadro normativo ma, per i protagonisti è la stessa cosa.
Diciamo pure che il Ministro precedente, Damiano, si è interessato dei call center ma, per il resto, poco o niente. Forse con un occhio strizzato ad un potenziale elettorato. Per esempio sembra che già allora ci fossero duecentocinquantamila disoccupati di lungo periodo ultra cinquantenni. Chi ha eluso il problema quando era forse numericamente ed economicamente sostenibile, non può predicare adesso che la portata è tragicamente diversa.
La balla di Berlusconi che non vule incentivare i licenziamenti farebbe ridere, se non fosse da piangere. Innanzi tutto perché senza lavoro già ce n’erano a sufficienza ( e lì c’era poco da incentivare) e poi perché gli altri Stati Europei, che si sono dotati di strumenti diversi, non desiderano certamente incentivare alcunché. Non la dice giusta e non la sa nemmeno raccontare.
C’è poi un certo conservatorismo del Sindacato, che anche giustamente, favorisce gli iscritti. Facendo il proprio mestiere. Ma allora non può certo rappresentare, come pretenderebbe, una fascia sociale più ampia rispetto agli iscritti stessi.
Se lo strumento della cassa garantisce il settanta per cento dello stipendio di un pilota Alitalia, è
illusorio pensare che possa diventare universale. Per far questo occorrerebbe una certa perequazione solidaristica, pur tenendo conto dei versamenti.
E’ fuori dubbio però, che un problema così vasto, che metterà nei prossimi mesi a rischio la tenuta sociale, vada affrontato in modo più radicale. E la via maestra è quella del “patto sociale” indicato dall’ Udc.
I PRIMI DUE MESI DEL 2009 HANNO REGISTRATO UN AUMENTO DELLE RICHIESTE DELL’INDENNITA’ DI DISOCCUPAZIONE DEL 46% RISPETTO ALLO STESSO PERIODO DEL 2008. 370MILA NUOVI DISOCCUPATI IN SOLI DUE MESI SIGNIFICA CHE NEL PRIMO SEMESTRE DEL 2009 POTREMMO REGISTRARE 1 MILIONE DI NUOVI DISOCCUPATI. PER NON PARLARE DI COLORO CHE SINO AD OGGI HANNO PERSO L’OCCUPAZIONE NEL BUCO NERO DEL SOMMERSO. LE GRANDI OPERE PARTIRANNO TRA QUALCHE ANNO ED I 160MILA NUOVI POSTI (SPERIAMO) MATURERANNO SOLO DAL 2010. TROPPO TARDI PER PORRE UN RIMEDIO ADEGUATO ED EFFICACE.
E LA POLITICA NON PUO’ CAVARSELA COSI’ A BUON MERCATO, CON QUALCHE RICETTA ANTICA, CON QUALCHE INTRUGLIO DA APPRENDISTA STREGONE. QUALCOSA E’ STATO FATTO, MA E’ POCO E CON I TEMPI SBAGLIATI. CHIEDO AGLI AMICI DEL BLOG DI INTERVENIRE CON FORZA NEL DIBATTITO, PER PROPORRE, PER CONFRONTARSI, PER TENER ALTA L’ATTENZIONE E LA SENSIBILITA’ SU UNA CRISI CHE PUO’ E DEVE ESSERE SUPERATA SOLO RACCOGLIENDO TUTTE LE RISORSE UMANE ED ECONOMICHE DI CUI DISPONIAMO. OGNUNO, PER LA SUA PARTE, E’ CHIAMATO A DARE IL SUO PERSONALE CONTRIBUTO. VORREI ESPRIMERE LA MIA VICINANZA AGLI AMICI PIU’ SFORTUNATI CHE, IN QUESTE SETTIMANE, HANNO TOCCATO CON MANO IL DRAMMA DELLA PERDITA DEL LAVORO E CHE FORSE, QUESTA SERA, NON HANNO CERTAMENTE LA VOGLIA DI AGGIUNGERE QUALCOSA A QUESTE 30 RIGHE.
GIUSEPPE BERTHOUD