Appello alle organizzazioni perché non vadano divise all’incontro finale con il governo. Tutti devono fare la propria parte, anche compiendo un passo indietro. E se l’articolo 18 è fonte di spaccature, meglio accantonarlo.
Da Liberal, 20 marzo 2012 – di Savino Pezzotta
I responsabili delle rappresentanze sindacali sanno meglio di chiunque altro qual è la situazione nella quale si sta svolgendo questa difficile trattativa sulla riforma del mercato del lavoro.
Conoscono la difficoltà diffusa di mantenere il posto di lavoro o, peggio ancora, di trovarne uno nuovo. Sanno che i cittadini che lavorano vedono le loro prospettive occupazionali ingarbugliarsi, assottigliarsi… Insomma: qui non c’e alcuna lezione da dare i sindacati che, appunto, sanno bene per proprio conto come stanno le cose in Italia.
Ma, solo, voglio ricordare che è indispensabile che il sindacato arrivi al confronto finale con il governo sulla riforma con una proposta unitaria, condivisa: c’e bisogno di uno sforzo eccezionale non solo nel merito – lo vedremo tra un attimo – maa anche nel metodo. Perché è fondamentale in questo momento di crisi e di trasformazione sociale e politica che il sindacato mantenga intatti peso e forza nella società. E che continui a fare quello che ha sempre fatto nella storia di questo Paese: aiutare la povera gente.
L’obiettivo dell’unita sindacale in funzione di un accordo con il governo è prioritario, anche per l’esecutivo. Quindi, nel merito, diciamo subito che ci si dovesse rendere conto (e probabilmente è proprio cosi) che la riforma dell’articolo 18 potrebbe portare a una frattura sia tra i sindacati e tra loro e il governo, allora meglio puntare – unitariamente, lo ripeto – a un accantonamento di questo tema che ha finito per avere soprattutto un valore simbolico, dal momento che di fatto coinvolge un numero minimo di casi reali ogni anno. E, in questo caso, occorrere puntare tutto sulla riforma degli ammortizzatori sociali e delle regole che tutelano la disoccupazione. Perché è del tutto evidente che il problema principale del mercato del lavoro è riuscire a favorire il reinserimento dei disoccupati, la loro riassunzione. Sotto questo aspetto, non c’è davvero nessuno che possa esimersi dal fare sacrifici: la stessa elasticità che si chiede ai sindacati deve essere chiesta alle aziende che non possono sempre chiamarsi fuori. Le garanzie per le aziende per quel che riguarda l’uscita dei lavoratori dalla produttività immediata devono corrispondere a garanzie per i lavori per quanto riguarda il ritorno, più veloce possibile, nel mondo del lavoro e della produzione: l’equazione non può che essere questa.
Solo in questa modo, del resto, la riforma del lavoro potrà conseguire il suo vero obiettivo: rimettere in moto l’economia italiana e favorire da un lato la crescita generale del Paese e dall’altro il ritorno di un clima di fiducia generale e generalizzato nei confronti del futuro.
Non bisogna perdere di vista questa obiettivo che è quello vero, imprescindibile, dell’accordo da trovare tra governo, sindacati e associazionidi categoria.
In questo modo, mostrandosi uniti e per ciò stesso forti, le organizzazioni sindacali possono (e devono) porre con vigore il tema delle politiche industriali del Paese. E’ del tutto evidente che non si può parlare di riforma del lavoro e lasciare che l’industria proceda a proprio modo, in ordine sparso. E’ arrivato il momento che l’esecutivo ponga il problema nella sua complessità: non di sole norme sindacali bisogna discutere ma anche di come indirizzare gli investimenti delle aziende. Governare il lavoro significa anche governare le politiche industriali: non bisogna mai dimenticarselo. E questa apre anche un’altra questione che mi sembra rilevante dal punto di vista politico. In questi giorni tutta l’attenzione è stata rivolta ai sindacati, alla loro presunta rigidità e alle presunte (molto presunte) divisioni interne. Ebbene, non è solo affare dei sindacati, questo accordo: anche il governo e le altre rappresentanze sono chiamate a fare passi indietro e a trovare mediazioni ad ogni coso. Non è solo sui sindacati che puo ricadere il peso dell’accordo o, peggio, del mancato accordo.
E’ vero: il governo ha avuto il merito di favorire un dialogo costruttivo fra i partiti: lo stesso deve fare per ricostruire un clima costruttivo fra le organizzazioni sindacali. Ma appunto facendo a propria volta dei passi indietro: è vero che i sindcati devono fare la propria parte, ma anche l’esecutivo ha delle responsabilità precise. Nel senso che deve cedere qualcosa in vista di una coesione sodale indispensabile per governare il malessere diffuso e reso sempre più doloroso dal perdurare degli effetti della crisi economica sull’occupazione. Per essere chiari: il governo non ha alcuna convenienza a fare accordi separati e, a propria volta, deve spendersi (e mediare) per arrivare a un accordo condiviso: questo è quello che vuole l’Europa. E, dato ancora più rilevante, questo è quello che gli chiede il Paese per ritrovare un po’ di speranza.
Pezzotta, scusi per l’intervento durissimo, non ce l’avevo assolutamente con Lei, che stimo tantissimo sia per quando dirigeva l’allora miglior sindacato italiano (e per 4 anni è stato il mio Capo visto che ero sindacalista ad un livello molto basso) che per ciò che dice e scrive adesso. Ho letto l’intervista su Bergamonews e Le faccio i complimenti. Penso che la nave che governa il tutto è una nave da guerra. Questo penso e scrivo. A me non piace per niente la guerra. E farò quello che posso cioè poco perchè si trasformi in una nave normale. Con o senza Monti. A questo punto meglio senza perchè mi sembra che non abbia i numeri, o meglio non li abbia giusti. La posizione di Casini e Enrico Letta che ho sempre giudicato i migliori è irritante. Quella della Chiesa molto di più.
Caro Cesareo, Pierre Carniti resta un maestro per molti di noi. E’ come tutti i maestri poco ascoltato. Vediamo cosa dicono i cislini
Vedremo con gli emendamenti cosa sarà possibile fare. Resta l’amarezza del non accordo sindacale.
Caro Stefano, sono stato uno dei pochi che ha fino all’ultimo minuto insistito e fatto appelli perchè ci fosse una intesa unitaria, ho anche detto che data la situazione anche la Cgil dovesse mostrare quel tanto di attenzione perchè oggi era importante mantenere l’unità del sindacato. Non è andata così. Non voglio cercare le responsabilità , perchè ognuno ha le sue buone ragioni. Credo che adesso bisognerà lavorare per analizzare con coraggio il testo del verbale dell’incontro e vede fino in fondo quali sono le posizioni del Governo. Dire che tutto è da buttare è una esagerazione perchè l’estensione della antidiscriminazione anche sotto i 15 dipindenti non mi sembra male, ho dubbi profondi sui licenziamenti per ragioni economiche e non sul tema, ma sulla mancanza di paletti che evitino un uso strumentale. E poi altre cose.
La Cisl da un giudizio positivo sull’intero pacchetto e, pur non sapendo bene cosa pensa la base cislina, di questo lo devo considerare.
Comunque chi ha proposte serie e concrete di emendamenti me li può proporre. Si può essere amaraggiati , ma bisognerà pur riflettere il perchè siamo arrivati a una situazione di “eccezione” dove molte cose cambiano e dovreanno cambiare.
Ho molto ammirato Casini e il Terzo polo negli ultimi 2 anni, ma sono profondamente deluso, amareggiato, nel vederVi difendere la Riforma Napolitano/Monti dove si fa pagare ai dipendenti le nefandezze dei manager e dei politici. Speravo prendeste le distanze da un attacco così spietato, cattivo, all’articolo 18. Continuerò a scrivere su questo ottimo blog perchè ho stima di Lei, ma questa volta, in questo momento basilare state facendo un errore capitale. Siete tutti d’accordo da Fioroni a Berlusconi, dalle Banche al grande regista Napolitano, da Sacconi alla CISL che prende i soldi degli operai per difendere gli interessi della BCE e di Confindustria, dalla Chiesa (che schifo mi fa la Chiesa in questa fase, e quanto mi costa scriverlo) a Enrico Letta. Distruggere i lavoratori in modo che i ricchi continuino a rubare. Questo è il Centro, il Terzo polo, alla fine della storia. Nè più nè meno. Che schifo, mi viene il vomito.
In nome del più genuino Personalismo Cristiano, i lavoratori vanno preservati da un meccanismo perverso che li sta inducendo a consumarsi in una lotta fratricida. Si tratta di custodire gelosamente quanto di buono hanno partorito le lotte sindacali degli anni ’60: la storia e la vita di tanti lavoratori non può essere barattata in nome di una competitività che schiaccia l’Uomo e lo riduce a strumento di produzione e di consumo. Qualcuno all’interno dell’Udc pensa di lasciare la difesa dei diritti Sociali alla Sinistra Estremista?
Io vengo dal Centro Sardegna, da un paese che ha prosperato di Industria e che oggi assiste impotente al naufragio di un’idea di Sviluppo, pagando un prezzo altissimo in termini di coesione sociale e costume etico. Parole come Bioetica e Famiglia si svuotano di significato dal momento in cui non vengono ricomprese all’interno di una concezione economico sociale costruita intorno alla Dignità e al rispetto dei lavoratori!
Pezzotta, ha sentito Pierre Carniti ieri l’altro?
Lucido più di tanti altri.