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Negli ultimi decenni, i salari della maggior parte dei lavoratori sono rimasti stagnanti o sono diminuiti, la produttività non aumenta. I sostegni sociali sono stati tagliati, mentre le cyber aziende monopoliste hanno raggiunto profitti record. La mobilità verso il basso del lavoro sta producendo diversi contraccolpi politici.
Mi chiedo con timore e tremore: “Cosa sta succedendo? Può la democrazia sopravvivere al capitalismo globale?” se guardiamo con spirito critico la realtà ci rendiamo conto che né l’immigrazione, né il cambiamento tecnologico sono responsabili del danno alle prospettive dei lavoratori. Le responsabilità sono di chi sta gestendo il capitalismo globale. Limitando i diritti dei lavoratori, liberando i banchieri, permettendo alle multinazionali di evadere le tasse e impedendo alle nazioni di assicurare la sicurezza economica, il capitalismo assume un crudezza che finisce per colpire nelle fondamenta stesse una democrazia sana.
La rinascita del capitalismo predatorio non era inevitabile. Dopo la Grande Depressione, il governo degli Stati Uniti ha sfruttato il capitalismo per la democrazia. Sotto il New Deal di Roosevelt, i sindacati furono legalizzati e il capitale regolamentato. Negli anni ’50 e ’60, il mondo occidentale combinava un’economia fiorente con una classe media sicura e in crescita. Il sindacalismo non senza fatica riusciva a conquistare diritti e incrementi salariali.
A partire dagli anni ’70, quando il capitalismo deregolamentato ha ripreso il sopravvento, quando gruppi di potere economico hanno ricominciato a dominare la politica; sono seguite inversioni politiche. La disuguaglianza e l’instabilità che ne sono derivate alla fine e hanno indotto gli elettori disillusi a sostenere il falso populismo di estrema destra.
L’odierna velenosa alleanza tra finanza spericolata e ultranazionalismo è inevitabile? O possiamo trovare la volontà politica di mettere il capitalismo al servizio della democrazia, e non il contrario? Tracciando un piano per un’azione coraggiosa basato su precedenti politici, Può la democrazia sopravvivere al capitalismo globale? è una domanda essenziale a cui occorre dare una risposta se si vuole invertire il declino della democrazia in Occidente. Non sono alla ricerca di soluzioni palingenetiche , ma realiste capaci di migliorare la vita umana e arrestare le guerre e il declino ambientale. Andiamo verso la elezione del Parlamento Europeo, di numerosi comuni ( 126 nella mia Provincia)e di diverse regioni sono appuntamenti che ritengo importanti da quali non bisogna disertare e nello stesso tempo non farci assorbire mantenendo vivo l’interrogativo : “ quale può essere , quale deve essere il principale orizzonte del’agire politico con cui misurare coloro che delegheremo a rappresentarci . Senza dubbio resistere alle degenerazioni di cui la guerra è l’espressione più brutale, e, dall’altro ,sviluppare un impegno a rigenerare quanto è stato degenerato di cui la Pace è il fondamento e a possibilità.Il filosofo catalano Josep Maria Esquirol nel suo libro “LA PENULTIMA BONTA’ “ ci invita a fare lo sforzo di spostarsi di mezza spanna, di una mezza spanna spinta in profondità perché con questa sinta ogni cosa sarebbe diversa . Si tratta di introdurre uno spostamento che riguardi il senso delle cose per fare emergere un altro modo dove tutto sembra acquisito e finito per sempre. Mezza spanna può sembrare poco ma molte volte pochi centimetri bastano per impedire il degrado e questo spostamento ci permette di vedere le cose in altro modo e per quello che realmente sono e di viverle in altro modo partecipando al cambiamento
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