Buone ferie a tutti gli amici. Il bisogno di un periodo di riposo non deve farci ridurre le attenzioni verso quanto sta succedendo nel nostro Paese e nel mondo. Stiamo attraversando un periodo veramente difficile e complesso che richiede una forte vigilanza. Con l’amico on. Enzo Carra abbiamo predisposto una riflessione su quanto sta avvendo , sperando possa contribuire alla comprensione , alla valutazione di quanto sta avvenendo e alle responsabilità che ci attendono.
RIFLESSIONI DI MEZZA ESTATE SULLA SITUAZIONE ITALIANA
Eravamo tra quelli che mercoledì 3 agosto attendevano un discorso impegnativo del presidente del Consiglio alla Camera e al Senato, e sono rimasti delusi. Abbiamo assistito al triste spettacolo di un governo “sulle gambe”, sembrava non avere conoscenza e coscienza della gravità della situazione economica che attanaglia l’Italia e della tempesta finanziaria che stava scuotendo tutte le grandi economie dell’Occidente. Non è certo un caso, o un frutto del destino, se dopo il discorso al Parlamento di Berlusconi l’orologio della Borsa ha segnato ore nere. Né il governo è riuscito a rincuorare le parti sociali nell’incontro di giovedì mattina.
Siamo di fronte a un presidente del Consiglio e un governo in preda allo smarrimento e incerti sul da farsi. Una sensazione senza dubbio diffusa i tutti i governi europei che hanno fatto pressioni sul nostro affinché agisse con maggiore determinazione e chiarezza di intenti. L’attacco speculativo, dopo che gli investitori istituzionali e persino la Deutsche Bank hanno liberato loro posizioni nel nostro sistema finanziario, rischiava e forse rischia di mettere in tensione tutta l’Europa. Gli altri governi europei devono aver avvertito i brividi alla schiena ascoltando le assicurazioni nostrane sugli interventi risanatori e di riforma “a settembre”. Cioè a babbo morto.
L’Unione di Centro, con l’intervento di Casini alla Camera e nell’incontro con le parti sociali, aveva detto con molta chiarezza che con la pressione finanziaria sul nostro Paese e i rischi che si potevano intravvedere era necessario e ineludibile un anticipo al 2013 dell’aggiustamento di bilancio. E questa correzione dei tempi non poteva avvenire con una semplice traslazione-fotocopia della manovra. La proposta di istituire una commissione composta da rappresentanti dei partiti di maggioranza, di quelli di opposizione e delle parti sociali per ricercare delle soluzioni condivise e che collegasse le questioni del rientro del debito pubblico con provvedimenti per la crescita aveva, ed ha, lo scopo di evitare che l’anticipazione provochi ulteriori spinte alla recessione.
Un presidente del Consiglio che in Parlamento ha cercato in tutti i modi di negare o di ridimensionare la gravità della crisi e ha rivendicato l’autonomia dai mercati, come ha fatto con maggior enfasi il segretario del Pdl Angelino Alfano, è sprofondato poi nella condizione di chi deve tornare sui propri passi per rispondere ai mercati. Da qui, l’esigenza di una conferenza stampa in cui il governo modificava la posizione sostenuta due giorni prima alle Camere. L’obbligato di una correzione della tabella di marcia è sicuramente dipeso dai mercati, dalle pressioni dei governi europei, in particolare dalla Germania, ma anche dalle forze di opposizione e dalle parti sociali che avevano denunciato con durezza che nell’incontro di giovedì il governo non aveva detto nulla di nuovo e di convincente.
È proprio la conferenza stampa che dimostra tutta intera la debolezza del governo, la sua incapacità ad affrontare la crisi ed ad individuare i percorsi di uscita. In diretta Tv tutti hanno potuto vedere che si era sbagliato l’approccio, sottovalutata la situazione e il collegamento con gli altri paesi europei. Si è dimenticato che la speculazione e le turbolenze finanziarie si contrastano con una unica e sola merce: la fiducia. Una merce che il nostro governo non è in grado di piazzare sul mercato. Ancora una volta si mostra l’insipienza di chi di fronte alla bufera pensa alle sue questioni personali che vuol risolvere con il processo lungo o di chi, per rincuorare i propri elettori, punta sulle sceneggiate alla Reggia di Monza.
Nella conferenza stampa Berlusconi ha ammesso che quanto aveva ripetuto per settimane non era vero e che bisognava cambiare rotta: noi non stiamo meglio degli altri. Dobbiamo anticipare il pareggio di bilancio al 2013 e mettere in Costituzione questo obbligo. Sono le uniche novità. Positive. Della modifica dell’art. 41 e della riforma del mercato del lavoro si parla da molto tempo. Sono questioni complesse e intricate che richiedono diversi passaggi e altri confronti con le parti sociali.
Quel che è successo la scorsa settimana si può fissare in pochi punti:
1. C’è stato trionfo e il fallimento dell’autosufficienza. Tutti gli inviti e gli appelli per creare le condizioni della coesione politica e sociale sono stati disattesi e sottovalutati. Berlusconi è come quel personaggio di Nanni Moretti: un autarchico. Non è l’uomo dell’unità, ma della divisione. Non può che essere così, il suo potere e la sua forza possono reggere solo se riesce a dividere e a tenere divisi i sindacati, le forze sociali e le forze dell’opposizione. Gli apprezzamenti e le lusinghe nei confronti dell’Unione di Centro e di Casini, rispondono a questa esigenza: evitare che si creino delle convergenze tra le diverse opposizioni e le forze sociali.
2. La creazione di un tavolo comune e di ricerca di soluzioni condivise come quello proposto da Pierferdinando Casini è stato ignorato e sarà fortemente contrastato perché significherebbe creare le condizioni di nuove convergenze che metterebbero comunque alla prova ogni forma di autoreferenzialità berlusconiana.
3. L’anticipo dei contenuti della manovra dal 2014 al 2013, richiesta dall’Unione di Centro ha l’obiettivo di rassicurare gli investitori che si fa sul serio, ma anche di valutare alcune correzioni che ne attenuino gli elementi di iniquità sociale, chiedendo – imponendo – ai ceti più abbienti di contribuire. Non si capisce perché si pensi di tramutare in buoni del Tesoro le liquidazioni dei pubblici dipendenti, e non si debba parlare di qualche forma di patrimoniale. È chiaro che se, come ha voluto precisare il ministro Tremonti, “non dobbiamo cambiare l’impianto della manovra, ma solo anticipare la tempistica di un anno”, l’anticipo puro e semplice diventa addirittura pericoloso. Se non fosse accompagnato da misure urgenti per la crescita esso potrebbe incentivare la recessione. L’anticipo va bene, benissimo. A patto che a pagare non siano tanto quelli che già pagano tutto. A patto che si individui la strada della crescita. Proprio a questo serve la commissione.
4. La questione del mercato del lavoro richiede tempo e un confronto approfondito con le parti sociali e non risponde alle esigenze di urgenza che la situazione impone. Si deve agire sul terreno della semplificazione burocratica, sul migliore utilizzo dei fondi europei, sulle privatizzazioni e le infrastrutture in particolare al Sud, sulle liberalizzazioni, la ricerca, l’innovazione e nuove politiche industriali. Si deve ragionale sulla riforma del Welfare, ma avendo cura di iniziare da contrasto alla povertà e all’impoverimento. In un Paese che registra un freno alla produzione industriale e che si avvia a chiudere il 2011 con un Pil che crescerà meno dell’1%, il tema della crescita ha ormai la stessa importanza di quella che si attribuisce al pareggio di bilancio. Le due questioni devono camminare insieme perché senza l’una non si risolve l’altra.
La situazione resta dunque difficile e piena di complessità. Restiamo convinti che per uscire dalla crisi politica, economica e morale che attraversiamo non ci sia altro mezzo che quello di una “grande coalizione” tra tutte le forze politiche. Interpretare le dichiarazioni di Pierferdinando Casini che è “inutile continuare a chiedere le dimissioni. Chi govena deve governare” come un riavvicinamento alla maggioranza è solo strumentale. Casini comprende meglio di altri che schiodare Berlusconi è tuttora una impresa difficile, ma questo ciclo politico è terminato. Il personaggio, però, è troppo scaltro, spregiudicato, capace di colpi di scena e può ancora condizionare il futuro di molti.Sconfiggere Berlusconi è molto difficile e ogni tentativo di spallata che si ripropone fa venire in mente la strategia dell’attacco frontale praticata nei confronti dell’esercito austriaco dal generale Cadorna e da Badoglio. Qualche portò a molte morti e a Caporetto, meglio quella del generale Diaz, più flessibile e di movimento che portò a Vittorio Veneto.
Non esistono soluzioni che non siano politiche e parlamentari. La situazione italiana è complicata non soltanto dalla presenza dell’antipolitica e del populismo di destra o di sinistra, ma anche dall’emergere di nuove forme di antiparlamentarismo. In Italia questo fenomeno ha radici antiche e solitamente ha preceduto forme autoritarie di governo. L’antiparlamentarismo si presenta sempre con il volto benevolo del fare, del decidere e denuncia l’inutilità del dibattito e del confronto politico. Le democrazie invece hanno bisogno del confronto, della discussione e della mediazione. Ecco perché per uscire dal berlusconismo che ha alimentato l’antiparlamentarismo, occorre che dalla crisi si esca in Parlamento con un governo politico di larghe intese. Un governo istituzionale è del resto impossibile finché il Presidente della Repubblica, che dovrebbe dargli vita, rimarrà saggiamente nella sua posizione di garante e super partes.
L’Unione di centro non si pone oggi il problema di fare da “croce rossa” per un governo ammaccato e incredibile, ma tende ad operare con gli altri costruttori del terzo polo per una soluzione politica della crisi italiana, che è crisi di sistema e di modello di società. L’obiettivo strategico è unico, le strategie possono essere diverse. Guardiamo con attenzione alle altreproposte, a patto che valutino la loro congruità rispetto all’esigenza di una ricostruzione del Paese. Mettere in campo come fa l’Italia dei Valori una manovra alternativa di 70 miliardi può avere un buon effetto comunicativo, ma ha come risultato quello di ricompattare la maggioranza. Le proposte del Pd, elencate con chiarezza da Bersani nella lettera al Sole 24 Ore, possono essere condivise, ma ancora non si riesce a rintracciare la linea politica sulla quale si muovono. Bersani si limita a dire che l’unica soluzione è quella delle elezioni anticipate. Il leader del Pd sa bene che bisogna avere in tasca delle subordinate. Eppure non dice se concorda o no sulla commissione tra maggioranza, opposizioni e parti sociali e se è interessato a una fase di decantazione che passi attraverso un governo politico con la responsabilità di tutti.
Ormai il problema italiano non è più solo Berlusconi. Fosse solo questo potremmo consolarci pensando che il suo ciclo politico è terminato. Oggi, però, la gravità della situazione intreccia elementi di diversa natura, compresa l’unità stessa del nostro Stato. Affrontare il problema è quindi ben più difficile. E rischioso.
Il Pdl, i suoi uomini più autorevoli, sono davanti al bivio di fondo: fronteggiare con coraggio e senza dogmatismi le questioni o rimanere abbarbicati a un uomo che non ha più né capacità, né lucidità, per esercitare la leadership. La soluzione della crisi italiana non è più e solo nelle mani delleopposizioni o di una possibile alternativa elettorale. La discontinuità chiesta dalle parti sociali interpella e interessa anche il Pdl. Tutti i discorsi e le lusinghe che da questa parte si rivolgono verso l’Unione di Centro perché si aggiunga all’attuale maggioranza sono senza speranza e appartengono ad un’altra fase della nostra storia politica.
L’ipotesi di “una grande coalizione” che operi una vera discontinuità con il recente passato può aprire prospettive nuove per la politica italiana e superando o mettendo la sordina ai populismi di destra, di sinistra e di territorio, può portarci a una democrazia governante e dell’alternanza. Ci auguriamo che questo non sia un sogno di mezza estate. Se lo fosse vorrebbe dire che la nostra crisi è davvero senza speranza.
E’ sicuramente vero che l’Europa, attraverso la BCE che ha agito a nome di Francia, Germania e Stati Uniti, ha imposto all’Italia la manovra economica approvata da Governo per riportare in pareggio il suo bilancio ed è, forse, giusto che sia stato così, visto che il governo che abbiamo vive in un altro mondo diverso da quello che vive il Paese e le persone che lo abitano. Che così sia avvenuto l’ha ammesso lo stesso Tremonti parlando di “lettera confidenziale” della BCE che può essere resa nota solo dall’autore e non dal destinatario.
Che la responsabilità delle scelte contenute nella manovra sia esclusiva del Governo italiano e non dell’Europa è di evidenza lapalissiana, così come lo sono le ragioni che motivano tali scelte: la tutela del blocco di interessi che si riconosce nel Governo, a partire dalla classe politica che lo sostiene,, cioè da quell’accozzaglia di affaristi senza ideali, opportunisti, ricattabili e ricattati, irresponsabili e servi senza dignità.
Vorrei suggerire alla BCE, che ovviamente e giustamente richiama le sua iniziativa al rispetto dei parametri europei e, quindi, all’inderogabile necessità che l’Italia attui politiche economiche e finanziarie che perseguano e conseguano il rispetto di tali parametri, ad imporre all’Italia la riduzione sia del tasso di evasione fiscale, che secondo l’Agenzia delle Entrate in Italia raggiunge il 18% del PIL, mentre in Europa si attesta sotto il 7%, sia dell’economia sommersa che raggiunge un volume di affari di 350 miliardi di euro, pari al 20% del PIL, che colloca l’Italia al primo posto in Europa mentre l’Austria con il 9% è all’ultimo posto (dati Visa Europe 2010). Per non parlare dei 60 miliardi spesi per corrompere.
Se, su questi temi, gli altri Paesi europei hanno tassi di gran lunga inferiori a quelli dell’Italia, vuol dire che le norme di cui si sono dotati funzionano, e se funzionano perché l’Europa non li impone anche all’Italia perseguendo, una volta tanto, politiche rivolte al bene comune del Paese e delle persone?
Un richiamo forte andava fatto, ma quanti l’avranno sentito e quanti ascoltato?
La situazione non penso sia delle migliori eppure in pochi mostrano attenzione e preoccupazione e quel che più spavente è che sono rimasti in pochi, troppo pochi a parlare di BENE COMUNE!
L’attenzione che hanno molti è alla salvaguardia del proprio “feudo” a prescindere e al “costi quel che costi”!
Quale Nuova Politica, quale attenzione ai più deboli?
La legge di bilancio approvata ha sicuramente danneggiato ed impoverito il ceto medio e povero del nostro paese; le “corporazioni” hanno ancora una volta avuto la meglio.
Il nostro è un paese che sarà sempre più “classista” dove il figlio dell’operaio non potrà fare che l’operaio, il figlio del notaio potrà fare il notaio ecc. ecc.
Si parla tanto di “Pari opportunità” tra uomini e donne ma non riusciamo a dare “pari opportunità” ai nostri giovani …. dove vogliamo andare!
Un paese diviso in “tifoserie” anche nel fare politica!!!
Ma la politica non la si può fare per SPORT ma per Passione civica, vocazione, mettersi al servizio dell’altro, ecc.
Riusciremo a cambiare lo stato delle cose?
Riusciremo a coinvolgere sempre più persone di Buona Volontà?
Riusciremo a risvegliare il dono della “gratuità” in politica?
Riusciremo a dimostrare d’essere qualcosa di veramente NUOVO?
La sfida è appassionante gli ostacoli molti spesso oserei dire troppi ma continuare a sensibilizzare la gente su queste tematiche è un nostro obiettivo anzi è un nostro DOVERE.
Penso che oggi non si possa più cercare di fare Politica con una visione ormai antica e piena zeppa di retaggi ideologici di un tempo non fosse altro per la velocità con cui si manifestano i cambiamenti.
Pensiamo ai processi in atto in Medio Oriente ecc.
Oggi l’Italia ha bisogno di un salto di qualità, di un balzo in avanti …. oltre l’ideologia, oltre la demagogia, oltre l’autoreferenzialità.
Oggi l’Italia ha bisogno di un patto tra le diverse forze politiche che possa portarci “fuori dal guado”, l’arroccamento e la testardaggine di questo governo non potranno che portarci nell’abisso.
La Destra in questo periodo ha dimostrato di non saper Amministrare e di non saper far POLITICA.
Noi dovremmo cercare e sforzarci per essere un qualcosa di NUOVO!!!!
Dobbiamo continuare a fare proposte, a tener accesa la fiammella della speranza perchè qualcosa di nuovo è possibile, anzi auspicabile, ma sarà credibile se noi saremo credibili.
giampaolo cerri
caro Savino mi fa piacere che finalmente Tu non sia solo a fare considerazioni e proposte. Il comunicato congiunto con Carra va nella direzione in cui ti veniva chiesto di essere il coagulatore all’interno dell’ unione di centro di visiono e pensieri innovativi partendo sopratutto dai nuovi entrati ,prosegui questa strada anzi sii ancora più forte nello sparare bordate contro la difesa di questo sistema generato da dai partiti che sostengono questo governo. stiamo correndo il rischio di dire come disse Sansone nel libro dei Giudici 16 , 30 .
il Vecchio Testamento e’ per tutti noi una storia gia’ scritta da
tenere possibilmente in debito conto .
oggi purtroppo ho l’ enorme timore di dover leggere , detto da QUALCUNO
; ovviamente non da Sansone ,
.deve essere il tempo di gridare anche dai tetti con modi consueti ed inconsueti che siamo sull’orlo del baratro e vado oltre è forse il tempo di contestare anche in piazza con tutti i rischi connessi è ora di agire per uscire da questo torpore che sembra ci stia facendo accettare tutto con la rassegnazione dei vili.
ed anche il nostro amico Bonanni è forse ora che ricucisca quello che ha contribuito a sfare e cioè l’unità dei lavoratori , certamente ritengo che sia la CGIL la maggiore responsabile .
ma da cislino ed a cristiano che crede nella mediazione dico però che forse e giunta l’ora di cacciare i mercanti.
quello che ci aspetta va fatto con tutti gli italiani senza paura sapendo che potrebbe essere l’ultima spiaggia …per riuscire a governare il fallimento del capitalismo così come è arrivato ad oggi.
Il vivere sobrio del Cristiano è il futuro dell’economia mondiale .
che la pace di Gesù Cristo ci accompagni
Qualora ci fosse bisogno di conferma circa il commissariamento dell’Italia da parte della BCE e dei governi di Francia, Germania, basta leggere il Comunicato del Consiglio Direttivo della BCE emesso nella serata di ieri dopo la consultazione dei 17 Governatori centrali dei Paesi dell’Eurozona.
Nel Comunicato si afferma che “la Bce dopo aver «esaminato con attenzione la situazione italiana», anche «tenendo conto» della posizione espressa da Nicolas Sarkozy e Angela Merkel, risponderà in modo deciso sui mercati aumentando il suo programma di sicurezza per i mercati”, il che significa, secondo gli analisti, che la BCE acquisterà i BTP italiani e spagnoli per arginare la crisi della moneta unica.
La cronaca politica riferisce che qualche ora prima del Comunicato della BCE, il cancelliere tedesco Angela Merkel e il presidente francese Nicolas Sarkozy, in un comunicato diffuso dall’Eliseo, avevano giudicato favorevolmente le misure prese dall’Italia rilevando, in particolare, che «l’obiettivo del governo italiano di arrivare al pareggio di bilancio con un anno di anticipo è di una importanza fondamentale». Ora «un’attuazione rapida, entro la fine di settembre, e completa delle misure annunciate è essenziale per restituire la fiducia dei mercati. Misure quelle italiane, assieme a quelle spagnole, che accelerano il processo di risanamento e favoriscono la competitività».
Se da una parte questi interventi devono essere giudicati positivamente, in quanto c’è da chiedersi di quale entità sarebbe stato, per il nostro Paese e per i cittadini italiani, il costo dell’attuale crisi economica e finanziaria se l’Italia non fosse parte del sistema monetario europeo, dall’altra segnalano l’allarmante debolezza e incapacità del nostro Governo di fronte alla crisi che investe il Paese.
Mi auguro che l’ipotesi di una “grande coalizione” sostenuta dall’Unione di Centro diventi lo strumento che la politica decide di dare al Governo del Paese quale segnale di vera discontinuità, discontinuità che deve riguardare sia la maggioranza parlamentare che il Governo, essendo loro la responsabilità di aver portato l’Italia in questa drammatica crisi.