DIRE CHE AL SUD SI È VOTATO PER I CINQUE STELLE PERCHÉ HANNO PROMESSO IL REDDITO GARANTITO È UNA VALUTAZIONE POCO CONVINCENTE E PARTICOLARMENTE IPOCRITA
SAVINO PEZZOTTA
Cosa posso dire sui risultati elettorali? Soddisfatto, ansioso, deluso? Non ho provato nessuna reazione emotiva anche perché sono convinto che in democrazia i voti si contano e non si giudicano. Risultati elettorali come quelli che sono usciti dalle urne di domenica pongono la necessità di una riflessione e possono cambiare il corso politico del Paese. Eviterei qualsiasi drammatizzazione o enfatizzazioni tipo che siamo di fronte al mutamento dei fondamenti del nostro sistema politico.
Piuttosto che seguire analisi catastrofiste che sono incompatibili con la democrazia, ognuno deve provare a chiedersi cosa può apprendere dai risultati quando è evidente che essi rispecchiano i cambiamenti culturali, i valori e le tensioni frammentatrici presenti da tempo nella società italiana.
La crisi finanziaria ed economica ha inciso più di quanto pensiamo sul sentire delle persone, durante una grave crisi – come lo è stata la Grande Depressione – gli elettori sono spesso inclini a sostenere qualsiasi partito che sembra fortemente contrario all’establishment, e probabilmente a fornire una nuova e forte leadership – spesso senza dare un’attenta considerazione al suo programma e ai pericoli che possono rappresentare.
Dal voto sono emerse con estrema chiarezza le preoccupazioni verso lo stato di precarietà economica e le paure identitarie di gran parte del paese. E in questo senso, l’Italia, seppure con numeri maggiori, segue l’onda che si è sviluppata in altri Paesi dell’occidente. In sempre più casi nazionali le inquietudini prodotte dai processi di trasformazione economici e so- ciali degli ultimi anni hanno alimentato il successo di partiti anti- establishment, tuttavia sempre tenuti ai margini del governo ( ad esempio in Olanda o in Germania) o integrati in coalizioni più moderate con partiti tradizionali ( come in Austria).
La peculiarità italiana sta nel fatto che l’impatto è stato così forte da produrre un vero e proprio terremoto. Questo fatto disturba l’immagine di una società statica cui eravamo abituati, dobbiamo prendere atto che, nonostante siano passati molti anni dalla fine della cosiddetta prima repubblica, il sistema politico italiano non si è ancora assestato, anzi dopo una breve pausa si è rimesso in movimento.
Un movimento che ha premiato quelle forze politiche che più di altre hanno cambiato fisionomia e che hanno saputo interpretare o alimentare attenzione a questioni emergenti, ma anche capaci di immettere nella società virus, cui faremo fatica a liberarci ed estirpare ( xenofobia, razzismo, intolleranza). La vera questione è che si chiede non tanto un cambio di partiti alla direzione del paese, quanto il cambio di una classe dirigente. Quando Renzi prometteva la rottamazione di un’intera classe dirigente ha avuto successo, quando questo obiettivo è venuto meno si è attenuata la sua spinta propulsiva.
E’ soprattutto il mezzogiorno che chiede un cambio di passo e un ricambio radicale del personale politico. Dire che al sud si è votato per Cinque stelle perché ha promesso il
reddito minimo garantito è una valutazione poco convincente e particolarmente ipocrita. Bisogna prendere atto che la gente del Sud è stanca ( questo alla fine potrebbe essere un fatto positivo) di una classe politica locale che non è riuscita o ha voluto affrontare le questioni della povertà, del malaffare, del clientelismo corruttivo, quando non è convivente con la criminalità organizzata.
Una classe dirigente che per ragioni di consenso ha avuto forti elementi di complicità con quella nazionale. Inoltre occorre tenere presente che la mappa degli ambienti sociali è da tempo dentro una profonda disarticolazione e che il sentire delle persone segue orientamenti molto diversi da quelli del passato. La sottovalutazione delle problematiche sociali e dei cambiamenti culturali ha fatto sì che i temi della sicurezza identitaria, della sovranità nazionale, la sfiducia verso la dimensione istituzionale dell’Europa e i timori che la presenza degli immigrati abbiamo prodotto forme di giudizio e di interpretazione della realtà e delle situazioni diverse da quelle tradizionali. Non sono pertanto stupito da quanto è emerso dal voto, era già preventivato.
Adesso emergono dai giornali e dai commentatori preoccupazioni rispetto allo sbocco politico. Come al solito sono molti coloro che cercano di salire sul carro dei vincitori, e non mi stupiscono le dichiarazioni di Scalfari, di Marchionne e di Boccia che sono dentro la tradizione della grande borghesia italiana.
Per queste ragioni serve fare un bagno di realismo e non arroccarsi, o diffondere timori eccessivi.
Che l’Italia non possa permettersi una fase di instabilità istituzionale è fuori dubbio, perché le ricadute sarebbero dal punto di vista internazionale ed economico assai pesanti e ci potrebbero far correre il rischio di vanificare i risultati che si registrano sul piano economico. Un esempio molto chiaro ci viene dalla Germania ove con difficoltà si è scelto l’interesse nazionale rispetto a quello del singolo partito.
All’Italia, considerati i problemi economici e occupazionali che deve affrontare, serve un Governo, è una necessità, anche se è corretto far osservare che i numeri grezzi che sono usciti dalle urne non indicano una maggioranza che lo possa fare.
Non possiamo dimenticare che siamo ancora una Repubblica parlamentare e che tocca al Parlamento risolvere la questione che gli elettori gli hanno posto in mano. Penso che sia opportuno affidare in tempi brevi al partito di maggioranza relativa il compito di trovare una soluzione. Conosco le obiezioni e anch’io, per le mie convinzioni politiche, fatico ad accettare, ma questa è la realtà della democrazia. Dopo le elezioni tutti dovranno misurarsi sul campo e mostrare quello che realmente sanno fare nell’interesse del Paese.
Savino, come sempre apprezzo la tua sincerità e chiarezza d’espressione pertanto mi sento più a mio agio anche nel dissentire eventualmente perché so che siamo uniti ed animati dal bene del prossimo. Dico questo perché sul “dividendo sociale” e non altre improprie nominazioni non capisco le ragioni o ,meglio capisco molto bene quelle dell’attuale dirigenza sindacale tutta cisl compresa meno invece gli altri in particolare noi cattolici.
Ma non è questo l’argomento che voglio evidenziare oggi che sarà senz’altro ripreso nel futuro anche prossimo in quanto ineludibile.
Il mio modesto contributo che voglio portare nell’occasione è quello di evidenziare un aspetto preoccupante e gravissimo che gli araldi del potere costituito se ne sono guardati bene dall’evidenziare.
mi riferisco all’alta anzi altissima affluenza alle urne;
QUESTO E’ IL DATO CHE DOVREBBE TOGLIERE IL SONNO A TUTTI COLORO CHE HANNO A CUORE LA SORTE DELL’ITALIA. Affermo questo
perché il segnale è evidente bocciare senza se e senza ma l’operato degli ultimi governi. Questo per me è l’ultimo avviso ai naviganti prima che si arrivi all’irreparabile.
Ho l’impressione che gli italiani non abbiano ancora capito appieno la pericolosità della bomba sociale che si è manifestata con le ultime elezioni.
Luigi Viggiano
La validità delle elezioni, quale strumento della democrazia, è che chi ha vinto ha il diritto e il dovere di governare e chi invece le ha perse ha il diritto e il dovere di svolgere il ruolo dell’opposizione, ruolo che in un regime democratico è altrettanto importante.
Ciò non vuol dire arroccarsi sul “NO” sempre e comunque dinnanzi alle proposte della maggioranza, ma anche saper dire “SI” se tali proposte risultano condivisibili e rispondono alla logica del bene comune, pur senza essere, per questo, parte della maggioranza parlamentare o del Governo.
Dunque nulla osta, da parte mia, in merito all’ipotesi di Savino non molto diversa da quella di Massimo Cacciari pubblicata su Huffington Post di oggi:
“D. Oggi Salvini ha fatto un appello ai dem, sperando che siano “a disposizione per dare una via di uscita al Paese”. Il Pd ha rigettato l’offerta. Mossa giusta?
R. Ci mancherebbe che il Pd si metta a fare inciuci in questo momento. Anzi, l’appoggio a un Governo pentastellato serve anche a evitare altri tremendi inciuci tra Salvini e qualcun altro. Il Pd sparirebbe se facesse un accordo con il centrodestra. Ma questo è evidente.
D. Con i Cinque Stelle invece non perderebbe consensi?
R. No. Basta vedere i flussi elettorali: gran parte dei voti persi dal Pd è andata proprio al Movimento 5 Stelle.”
Ciò premesso non condivido l’affermazione “Dire che al sud si è votato per Cinque stelle perché ha promesso il reddito minimo garantito è una valutazione poco convincente e particolarmente ipocrita”. E non credo che la gente del Sud abbia votato contro “una classe politica locale che non è riuscita o ha voluto affrontare le questioni della povertà, del malaffare, del clientelismo corruttivo, quando non è convivente con la criminalità organizzata”.
Non si può certo negare che molta parte della gente del Sud, quella maggioritaria, sia stata attratta dalla promessa del reddito di cittadinanza di 780 euro al mese (9.380 euro all’anno) garantito a chi non ha lavoro e proporzionale per chi, pur lavorando, non arriva a tale somma. La si metta come si vuole ma il reddito di cittadinanza è apparso a molti come la risposta allo stato di precarietà economica e, dunque, tale da far meritare il voto al M5S.
E quali sono le ragioni della vittoria della Lega nelle Regioni del Nord se non che ha vinto cavalcando il tema della paura e della sicurezza e con proposte economiche alla “Trump” tipo quella della Flat Tax al 15% per tutti e dell’abolizione della Legge Fornero, passando dallo slogan “Prima il Nord” a “Prima l’Italia”?. E come interpretare tutto questo se non come la risposta alle paure identitarie di gran parte del paese?
E’ certamente positivo l’invito ad “evitare qualsiasi drammatizzazione o enfatizzazioni del tipo che siamo di fronte al mutamento dei fondamenti del nostro sistema politico”, ma le preoccupazioni restano perché nella memoria restano le proposte e promesse fatte, e finora non smentite, in campagna elettorale dalle forze politiche che hanno vinto.
Orbene, se l’invito ha lo scopo di non alimentare un clima post elettorale molto difficile, stante le molte difficoltà per mettere assieme un qualsiasi Governo, allora va bene, ma se l’invito sottintende che le preoccupazioni circa la tenuta del sistema democratico non hanno ragione di essere, credo sia un errore perché ancora non ci è dato sapere e capire qual’è il futuro che attende noi e il Paese.