Continuo pervicacemente e ostinatamente a pensare che la questione del presente e del futuro del nostro Paese si giochi sul tema del lavoro e dei suoi cambiamenti . Mai come oggi bisognerebbe spendere tempo, risorse, pensieri e progettualità su questo tema, il resto viene di conseguenza compresa la questione fiscale. Ma non vedo grandi sforzi in questa direzione, ne proposte convincenti. Non basta dire “governeremo per quattro anni” se non si presenta un piano programmatico sul lavoro per questo lasso di tempo.
La realtà ci consegna purtroppo un blocco nel mercato del lavoro. I dati provvisori dell’Istat hanno registrato ad aprile un numero stabile di disoccupati e di occupati, con una compensazione tra calo degli indipendenti ed aumento dei dipendenti, metà dei quali però con rapporti a termine. Inoltre il tasso di disoccupazione giovanile è di nuovo salito.
Ho l’impressione seguendo con attenzione l’attuale dibattito politico che , putroppo, non possiamo aspettarci granché sul terreno occupazionale. Mi sembra che l’unico sforzo in atto sia quello di mantenere il potere .
La legge di bilancio è il Def non hanno dato risposte soddisfacenti sul tema del lavoro e mi sono apparsi come insufficienti e recessivi, perché tagliano gli investimenti produttivi fondamentali per la crescita, non riducono la pressione fiscale su redditi da lavoro dipendente e pensioni, non favoriscono la creazione di lavoro stabile.
Ed anche le misure del decreto crescita, in corso di esame in Parlamento, sono minimaliste e rinunciatarie in quanto non fanno altro che ripristinare alcune azioni erroneamente cancellate con l’ultima legge di bilancio (superammortamento, detassazione degli utili reinvestiti in azienda etc.), misure per le quali, peraltro, il decreto non prevede risorse aggiuntive, ma il ristorno tra diverse voci e capitoli di stanziamenti già decisi. Anche l’emendamento governativo presentato in queste ore dalle forze di governo non mi sembra delinei l’inizio di una politica coerente e organica in materia di lavoro
Va rilevato che non vi è traccia nei provvedimenti economici del Governo interventi forti e decisivi su infrastrutture materiali e immateriali, manca l’avvio di una nuova politica industriale, non si vedono investimenti in istruzione, formazione, conoscenza, competenze, pubblica amministrazione, mezzogiorno. Si può parlare di crescita e di cambiamento se non si agisce su questi temi? Che sono fondamentali per generare crescita e rilancio socio-economico del Paese.
Partire dal lavoro, puntare a creare un lavoro per tutti con mezzi e strumenti diversi resta fondamentale per il benessere delle persone. Concordo con chi dice “basta austerità” , ma una tendere a una prosperità sostenibile significa mettere in campo azioni coerenti con l’obiettivo, cosa che oggi non vedo e me ne dispiaccio.
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